La foto fa schifo e non si capisce quasi un cazzo, lo so. Però il collega (di Latina) che ha la “diggitale” figa è sempre in cortile, che mesce i miasmi diesel della Colombo con le essenze cancerose delle sue light.
Quindi così è. Vale la testimonianza, che trascrivo dai fatti, come essi sono accaduti. E dio (Jimi?) mi sia testimone.
Ieri la rock band le cui gesta raccontiamo in questo blog si è ritrovata dopo una lunga pausa le cui cause contingenti sono da ricercare nelle nozze del bendlider (come riportato da Varaieti e Montesacro/Talenti Poket).
Le cause profonde, invece, sono da ricercarsi fancazzismo strutturale di un quartetto “che” ogni scusa è buona per fare sega alle prove (astenersi dai riflessivi) e tirare tardi, divertendosi tra ristrutturazioni delle risorse umane, brunch aziendali con meeting for human resources managing o nella progettazione di arrapanti servizi televisi sulle dimore storiche del frusinate sponsorizzati dalla locale pro-loco.
Senza contare il sottoscritto, che suona uno strumento che tanto non ci vuole niente, ha un lavoro socialmente dannoso e tiene anche un blog digitalmente molesto.
La verità è che siamo una band di maestosi esponenti del terziario avariato. E questo conta.
Sposàti e contenti ci ritroviamo. Nel nome del rock, di Fegiz (che un giorno scriverà faville di noi) e della Ventura che, dopo il calo fisiologico del terzo cd, ci manderà a vivere una seconda giovinezza musicale a Music Farm 16.
Stessa sala, stessa aria condizionale negoziata (“alza”, “no abbassa che ciò la cervicale”), molto più entusiasmo del previsto.
Il primo dato della serata è che io mi ricordo tutti i pezzi. Mi gioco con serena noscialans quasi tutte le geniali ritmiche che ho scappellato (nel senso dal cilindro) nel corso di mesi e mesi di prove e che fanno di questa rock band un unicuum che mi deve moltissimo. E ne discuteremo – cazzo se ne discuteremo – quando si riparlerà di royalties;
il secondo dato è che l’elettrico pure si ricorda tutto;
il terzo – ma non fa notizia – è che l’uomo a 4 corde è una macchina da groove con una ram che il mio supercomputer se la sogna.
The artist formerly known as the artist è quindi soddisfatto: la sua arte è salva e le recensioni di Assante, Castaldo, Gallori, Lester Bangs – è ormai certo – un giorno arriveranno a sancire “un percorso auto-maieutico che muove da profonde e consolidate radici cantautorali per approdare – grazie al contributo determinante di una band che mai è mera appendice artistica ma è anzi vero centro nodale di dialogo musicale – a sedersi sul molo della baia per guardare il rock che ondeggia sulla marea“.
La quinta legge del blog (detta anche del torniamo a Bombolo) dice che i post, per essere ben scritti, devono essere “circolari”.
E qui va reso omaggio al sacrificio supremo delle Vic First 5A di cui alla foto, che ieri, tra le 20.30 e le 22 (ero in ritardo di 30 minuti causa diretta elettorale), si sono immolate sull’altare della Musica, eroicamente e con sprezzo del pericolo impattando contro un crash da sala prove che aveva più ferite che diametro.
E che iddio ci conservi sempre in salute e strafulmini i batteristi metallari adolescenti.